Volano stracci nel Movimento 5 Stelle e molti ma proprio tanti si chiedono se la creatura fondata da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo esista ancora. Alle Europee e precedentemente alle regionali, i 5 stelle hanno incassato pesanti sconfitte e collocato i Pentastellati in una sorta di limbo con il suo leader nettamente ridimensionato.
Sembra finita la bolla mediatica come anche sono del tutto evaporati gli slogan della propaganda, Luigi Di Maio è un giovane ‘prestato’ alla politica che per contingenze e coincidenze astrali si è trovato a capitanare un Movimento cresciuto al 32 %, e ricoprire i ruoli di vicepremier e super ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. E’ stato un Jackpot. Ora la Dea Bendata ha girato le spalle.
Le contraddizioni, i limiti, la non identità politica, l’inadeguatezza, l’immaturità di un’intera classe dirigente incapace di produrre fatti concreti e strategici sono emerse nella loro drammaticità. La nave è senza cocchiere e il clima a bordo è di ammutinamento.
Nel mirino del leader di Pomigliano d’Arco è finito Alessandro Di Battista che nel suo ultimo libro ha apostrofato i ministri come burocrati chiusi nei ministeri. Una accusa che ha fatto salire il sangue alla testa al vicepremier tanto da fargli dire a un incontro: “Sono veramente incazzato con Dibba”. Ma ad amareggiare ancora di più Di Maio e metterlo di pessimo umore è stata l’intervista di Davide Casaleggio allo stesso Di Battista sul palco di Rousseau City Lab a Catania.
Molti l’hanno letta come una vera e propria investitura al comando del vascello pentastellato di Dibba. Nei fatti il figlio del co-fondatore del Movimento 5 Stelle e l’ex deputato hanno dato l’impressione di voler oscurare proprio Luigi Di Maio tra l’altro già in grosse difficoltà perché Matteo Salvini ora tenta di scippargli il tema del lavoro prima criticando il decreto dignità e poi invitando al Viminale i sindacati.
I guai non sono terminati : la senatrice Paola Nugnes ha sbattuto la porta e lasciato il Movimento senza risparmiare accuse al capo dei Pentastellati.
“Ha diretto il Movimento in direzione diversa da quella che era declinata dai nostri principi. E ha fallito perdendo sei milioni di voti. È lui che dovrebbe dimettersi”.
E Di Maio in un post ha risposto in generale: “Non mi interessa se in buona fede o in mala fede, ma se qualcuno in questa fase destabilizza il MoVimento con dichiarazioni, eventi, libri, destabilizza anche la capacità del Movimento di orientare le scelte di Governo. Qui stiamo lavorando per il Paese, e questo non lo posso permettere. Abbiamo tutti una grande responsabilità. Sentiamola”.
Anche se più volte Di Maio in pubblico ha ribadito che il suo ruolo di leader e capo del Movimento non si discute e anzi il suo mandato dura complessivamente sei anni, ora c’è chi comincia a riflettere e ragionare che forse sia meglio salvaguardare il nocciolo iniziale dell’esperienza grillina.
Si staglia sempre di più l’ombra lunga del presidente della Camera Roberto Fico e dei suoi ortodossi. Sarà scissione?
Arnaldo Capezzuto