Dopo trent’anni e più di silenzio, di rispetto, di comprensione, oggi, non so perché, ho voglia di parlarne io, di Eduardo. E poiché non ho nulla da perdere, nulla da proteggere, tanto meno interessi personali da preservare, lo faccio con la consapevolezza di essere uno dei pochi se non degli ultimi a poterlo fare, molto di più e molto meglio di chiunque ancora oggi si spacci per Suo allievo, Suo collaboratore, Suo amico, Suo biografo, apologeta, depositario di chissà cosa, soltanto per averlo sfiorato, visto che Lui non può più smentire nulla e nessuno.
Io con Eduardo ho cominciato la mia carriera professionale di scenografo, ci sono rimasto ininterrottamente accanto per dodici anni, e poi, pur avendo preso necessariamente altre strade, ho mantenuto fino all’ultimo un rapporto privilegiato prima affettivo e poi professionale. Posso dire di averlo capito profondamente, e Lui profondamente ha capito me.
Sin dall’inizio, con Lui ho iniziato tutto daccapo, Eduardo è stato mio Maestro di vita innanzitutto, poi di Teatro, ed a Lui, ora che ho quasi l’età nella quale ci ha lasciato, sento di poter esprimere tutta l’amarezza per come sia stato usato, strumentalizzato e dimenticato nel giro di pochi anni. Si, è vero, con tanta buona volontà Carolina Rosi continua a tenere in vita affettuosamente quello che rimane di una transizione immensa che sembrava non aver mai fine.
La compagnia di Luca continua a vivere, ma non basta! Eduardo che ci ha lasciato un patrimonio immenso umano e artistico, non c’è più ci ha lasciato anche un Teatro, ma il Comune di Napoli se n’è lavato le mani affidandolo alle cure dello Stabile che ne ha fatto la sala B del Mercadante, quando nella volontà di Eduardo e poi di Luca, quel teatro doveva essere sede del Teatro di Tradizione, con lo scopo di non perdere, soprattutto per i nostri giovani teatranti, il contatto con quella Tradizione che lo stesso Eduardo individuava come un trampolino di lancio, per poi essere anche abbandonato, ma non prima di aver contribuito a che la nostra grande tradizione teatrale non fosse sconosciuta alle nuove generazioni.
Forse avrei lottato per mantenere questo pensiero e questa volontà dei De Filippo, se qualcuno misteriosamente non mi avesse messo fuori gioco dal consiglio della Fondazione Eduardo, e negata la stessa volontà di Luca che mi proponeva di esserne il Direttore. Sono stato sostituito più che degnamente, ma ancora mi chiedo perché.
La fondazione non ha poteri produttivi, ma a maggior ragione dovrebbe promuovere in ogni modo la memoria di questa grande eredità, ma da anni si dibatte senza forze in un intrigo burocratico che le impedisce qualunque attività, il che corrisponde ad una assenza davvero penosa. Il tempo passa e cancella ogni ricordo.
Siamo rimasti in pochi a poterne parlare con cognizione di causa, e forse a stimolare le Istituzioni perché si riscattino finché sono in tempo. Ma il vuoto nel quale siamo immersi, è totale, gli interlocutori non hanno volto, gli sforzi delle istituzioni sono concentrati sulle cittadinanze onorarie, sulle pizze sul lungomare liberato, su anonime manifestazioni teatrali/clientelari che passano senza lasciare alcun segno, e sulle facce di gomma che dicono sempre si e che danno sempre ragione a tutti per non darla a nessuno. Peccato!
Bruno Garofalo
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