Quando il premier Giuseppe Conte spiega, illustra, dettaglia alla Camera l’informativa sul Mes, il fondo degli Stati, e smonta le finte ragioni delle Lega e di Fratelli d’Italia, Luigi Di Maio non incrocia mai il suo sguardo. Anzi l’espressione del volto parla più di tanti articoli.
La freddezza tra il presidente del Consiglio e il leader del Movimento 5 Stelle è siderale. Sul Mes il capo dei grillini è sulle posizioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Lo spirito anti-Ue viene fuori con forza, Di Maio vorrebbe polemizzare, sferrare un duro attacco contro la riforma del trattato imposta – secondo i populisti e sovranisti – dai Paesi come Francia e Germania. Conte è teso perchè è cosciente che il Governo si avvia verso una strettoia. Il rischio è serio.
La legislatura è in pericolo. Le fibrillazioni nell’alleanza non sono più nascoste ma chiare e palesi. Basta notare due elementi: la posizione dei 5 Stelle nell’aula parlamentare e le assenze dei parlamentari tra i banchi di Montecitorio. Al lungo discorso di Conte, Di Maio non applaude mai e neppure si degna di guardare il premier.
Addirittura quando sono l’uno accanto all’altro sono seduti di lato. Insomma, s’ignorano. Luigi Di Maio non vuole più Conte, né soffre la presenza, né soffre l’ascesa, né soffre l’appeal sul Movimento 5 Stelle e lo considera ormai organico al Pd.
La crisi è un rischio vero. I discorsi tra ministri cominciano a parlare di voto. Luigi Di Maio è fermo. Da ministro degli Esteri puntualmente dà buca ad ogni appuntamento internazionale, una anomalia.
Di Maio è stretto tra Beppe Grillo che gli ha rinnovato la sua fiducia ma sembra avergli imposto i progetti alti da portare al termine consolidando l’alleanza con il Pd e Conte che ormai lo considera un leader ampiamente a rischio. Questo lo scenario che non fa stare per nulla tranquillo il premier ormai braccato e vittima del fuoco amico.