“Napoli vista dall’alto sembra un presepe. Non sai mai se è la città che imita il presepe o il contrario”. Così l’antropologo Marino Niola riassume il racconto di “Gesù a Spaccanapoli – Viaggio nella città presepe”, il docufilm realizzato dal Master di Cinema e Televisione dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli diretto dal produttore Nicola Giuliano per celebrare i suoi primi dieci anni di attività non solo didattica ma anche e soprattutto produttiva.
Il docufilm (trailer su www.facebook.com/mastercinematv.it), nato da un’idea del Rettore Lucio d’Alessandro, all’interno del progetto “L’arte presepiale come patrimonio immateriale della città di Napoli”, e realizzato con la regia di Gianfranco Pannone, il montaggio di Sergio Scoppetta e lo storytelling degli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro, sarà proiettato in anteprima nazionale mercoledì 11 dicembre alle ore 11 nella Sala degli Angeli dell’Università Suor Orsola Benincasa.
“Napoli e il presepe – evidenzia Pannone – si fanno specchio l’una con l’altro, mostrandoci, oltre il facile folklore, le meraviglie della ‘città porosa’, che respira profondamente fin dalle sue lontanissime origini, partecipando al brulichio di genti d’ogni età prese dai loro commerci e in estatica preghiera davanti ai suoi simboli religiosi”.
Nel docufilm, realizzato con il sostegno di Scabec-Regione Campania con l’obiettivo di promuovere e consolidare la connessione tra il patrimonio culturale e il sistema turistico regionale, il viaggio nella città presepe inizia dalla Certosa di San Martino e dal presepe con i pastori del Settecento di Michele Cuciniello e poi scende fin giù nelle viscere della città, passando per Spaccanapoli, per approdare alle bancarelle degli artigiani di San Gregorio Armeno. Un viaggio nel quale lo spettatore viene condotto con la sapiente guida di Marino Niola ed Elisabetta Moro impegnati a dissertare tra il serio e il faceto su miti, riti e storie dell’arte presepiale napoletana. Temi che i due antropologi, docenti dell’Università Suor Orsola Benincasa, hanno affrontato più ampiamente nel volume “Il presepe” (editore Il Mulino) che ha ispirato il soggetto del docufilm.
“A rendere davvero popolare il presepe – sottolinea Niola – è la sua
‘domesticazione’, iniziata nel Settecento nel Regno di Napoli e in particolare nella sua capitale, per poi diffondersi a macchia d’olio nel secolo successivo. Tale processo di privatizzazione familiare comporta una crescente autonomia ideativa e costruttiva che è all’origine di una crescita progressiva di figure non più esclusivamente di carattere religioso. Da oggetto esclusivamente religioso, la rappresentazione della nascita di Cristo diventa un teatro del sacro, una scenografia di moltitudini dove si fondono e si confondono soggetti sacri e soggetti profani. Di questo passaggio l’esempio più noto ed estremo è quello di Napoli dove la Buona Novella prende una caratterizzazione cittadina, folklorica, ambientale, spettacolare, in cui la dimensione sociale finisce per soverchiare quella religiosa. Ma forse è proprio questa piegatura demologica e antropologica a fare di quello partenopeo il presepe più celebre del pianeta. Non c’è museo al mondo (da Londra a New York), né grande collezione privata, che non annoverino tra le loro raccolte un presepe vesuviano”.