Aveva il compito di uccidere un esponente del clan napoletano dei Vastarella, con il quale il suo gruppo malavitoso era in lotta, ma a cadere sotto i suoi colpi fu invece Antonio Bottone, un ragazzo di appena 20 anni, la cui unica colpa era essere il migliore amico di Daniele Pandolfi, vero bersaglio del killer.
Oggi il sostituto procuratore di Napoli Urbano Mozzillo, al termine della sua requisitoria nell’ambito del processo con il rito abbreviato che si sta celebrando davanti al gup di Napoli (17esima sezione) ha chiesto l’ergastolo per Enrico La Salvia, 36 anni, killer del clan Sequino del rione Sanità.
Secondo gli inquirenti fu lui, il 6 novembre 2016, a provocare l’ennesima vittima innocente della camorra, con un colpo di pistola calibro 7,65 che raggiunse Antonio Bottone alla testa.
Il pm ha anche chiesto una ulteriore pena per il tentato omicidio di Daniele Pandolfi, oggi collaboratore di giustizia e principale accusatore di La Salvia.
Pandolfi, affiliato al can Vastarella, vero obiettivo dell’agguato, rimase ferito in maniera non grave. Pandolfi è uno dei due collaboratori di giustizia che hanno puntato il dito contro La Salvia.
L’omicidio di Bottone e il tentato omicidio di Landolfi si verificarono, tra l’altro, sotto gli occhi di un ragazzino di appena 12 anni, che era seduto accanto ad Antonio davanti alla “cornetteria” dei Colli Aminei di Napoli dove scattò il raid.
I familiari della vittima si sono costituiti parte civile al processo: la discussione del legale che li difende, l’avvocato Sergio Pisani, è prevista per il 6 luglio. La sentenza, invece, dovrebbe giungere il 14 luglio.