“Forse nel Comune di Napoli c’è stato qualche atteggiamento di un novizio amministratore burocratico che ha inteso che l’espressione dell’arte e dei contenuti si fanno su commissione. Mi sembra una regressione forse sulla spinta di istituzioni che hanno ordinato rimozioni senza saper né leggere né scrivere”. Lo afferma Alessandro Fucito, presidente del Consiglio Comunale di Napoli, intervenendo alla conferenza stampa organizzata dai comitati dei Quartieri Spagnoli per chiedere verità sulla morte di Ugo Russo, quindicenne ucciso da un carabiniere in un tentativo di rapina un anno fa.
Fucito ha firmato la petizione contro la rimozione del murales che ricorda Russo: “Ho firmato – spiega – di fronte a un atto grave avvenuto, su cui non possiamo ergerci a giudici, ma chiedere il rispetto delle leggi: un ragazzo è morto nel tentativo grave di fare una rapina, in Italia non c’è la pena di morte per l’omicidio, tantomeno per un tentativo di rapina di rolex con pistola giocattolo. In città c’è un atteggiamento della camorra che erige altarini ma questo è l’esatto contrario rispetto a questo murales in cui grazie a intervento di comitati e pezzi di popolo non acritico c’è stato un murales che chiede verità e giustizia, in più con una pratica edilizia per farlo in regola”.
“Chi pensa che i conflitti sociali si discutono nei bar di via dei Mille e che questa parte di città di brutti sporchi e cattivi non solo non esiste ma viene definita camorra, mi lascia tristezza. Se le argomentazioni sono quelle della Napoli bene e basta e si pensa che non esiste un’altra parte di città che ha altri codici espressivi e che viene demonizzata tutti, questo mi preoccupa perché una classe dirigente così ha poche possibilità di comprendere le complessità e trovare le vie giuste” – conclude Fucito -.
In piazza anche Alfonso De Vito, uno dei leader dei movimenti civici cittadini: “Il comitato di quartiere – spiega – e la famiglia del ragazzo vogliono sapere come è stato ucciso questo ragazzo di 15 anni. Dopo un anno non si hanno notizie dell’autopsia dell’8 marzo del 2020, neanche gli avvocati sanno nulla. E’ un appello a conoscere quello che è successo, vogliamo capire se il ragazzo ha subito una pena di morte senza processo”.
Su chi chiede la rimozione del murales, De Vito sottolinea: “E’ un’opera nata per sollevare l’attenzione pubblica, c’è scritto verità e giustizia, altre interpretazioni sono per noi diffamatorie. Stiamo parlando di un ragazzo di 15 anni per il quale c’è un percorso penale, un ragazzo che ha una storia che non si sintetizza in quel tentativo si rapina: lavorava all’ortofrutta, andava al bar, giocava a calcetto, ha tre fratelli che vivono una fase traumatica. Bisogna analizzare questo momento emotivo che viene rimosso dal cinismo con cui si sta affrontando questa vicenda. Sapere la verità serve a proporre un’altra strada ai ragazzi della città oppure invece è un dettaglio marginale?”.