Napoletani, se si decide di cedere alle provocazioni si ottiene esattamente l’effetto voluto. Rabbia, odio, intolleranza. Tutto inutile. C’è una verità semplicissima: non bisogna in nessun modo dare visibilità all’ignoranza.
Le parole di qualcuno che ha qualche megafono più squillante rispetto a noi tutti, non sono meno gravi di quelle di quel presentatore che dice “ora me li fai arrabbiare davvero” riferendosi ai napoletani. Come se tutti noi, napoletani, fossimo ragazzotti scemi e anarchici, dei viziati piagnucoloni e ribelli contro cui pensare “ora dobbiamo sentirceli che sbraitano incatenati nel loro sud inferiore”.
Forse in quell’episodio, così scontato, così poco originale anche dal punto di vista mediatico, è proprio quella l’espressione più grave, ma non ci facciamo caso perché fa più scena uno pseudo vip intellettuale visibilmente vittima della sua profonda noia.
Provare pena è il sentimento più sano, perché si limita al pensiero verso un singolo personaggio di una commedia banale che si fa portavoce di un triste tentativo di spostare l’attenzione sul vecchio discorso “nord-sud” evitando così di affrontare fallimenti e responsabilità ben più gravi. L’Italia è cultura, qualche parola da ebeti non è cultura, è provocazione.
Ora ci sarà l’ennesimo invito a radiarlo dall’ordine dei giornalisti. Ma perché, secondo voi, l’ordine dei giornalisti, nel suo complesso è esente dal razzismo? È immacolato? Capiamoci bene, non è una questione di nord o sud, in certi settori pieni di casta e convinzione, il migliore ha la rogna. Quindi premete il tasto “+” del telecomando e cambiate canale, restate certi, qualora ce ne fosse bisogno, che la vostra cultura ha alle spalle una storia profonda, un racconto fatto di guerre, sopravvivenza, arte, energia, davvero dobbiamo limitarla alla controffensiva verso alcuni insoddisfatti?
I problemi sono ben altri, ed è contro quelli che dobbiamo sfoderare la spada del coinvolgimento, dell’emotività, della partecipazione. Canalizziamo le nostre energie non per difendere Napoli ma per difendere l’Italia, l’identità della nostra città e della nostra regione non ha bisogno, ancora, di difendersi.
È il nostro stesso valore inestimabile plasmato con cura dalle risorse donateci dal tempo che, paradossalmente, deve aprirci le braccia verso l’accoglienza, verso la consapevolezza che qualsiasi sistema zizzanioso, va falciato con l’orgoglio e con il nostro pensiero di sempre, che resta quello di ospitalità e compartecipazione con tutti coloro che sanno di essere italiani prima che napoletani, bergamaschi, milanesi, restando inoltre sempre certi, al di là di ogni stereotipo, di ogni tentativo di infangare, al di là di ogni forma di razzismo, di un solo preziosissimo dogma: “Hai voglia ‘e mettere rum, chi nasce strunz’ nun po’ mai addivintà babbà”.
Amedeo Zeni