Luigi Di Maio serra le fila. L’espulsione di Gianluigi Paragone ha dentro un messaggio politico: punito uno per educarne 100. Il tempo stringe, le trame sono fitte.
Spaventa la grande tessitura di Lorenzo Fioramonti, l’ex ministro che dimessosi ora ha le mani libere per costruire nell’ambito parlamentare una nuova casa.
Un progetto che troverebbe tantissimi parlamentari grillini pronti a fare armi e bagagli e confluire in una nuova creatura. Se il progetto dovesse realizzarsi sarebbe quella l’ora ‘x’ che Di Maio ha sempre esorcizzato e che coinciderebbe con l’inizio dell’implosione e disgregazione del Movimento 5 Stelle.
Progetto di cui Giuseppe Conte sarebbe il perno cardine e il leader.
Le correnti interne si agitano, la finta riorganizzazione con i facilitatori non sposta di un millimetro le cose: nel Movimento continua a dettare legge Di Maio. Una contraddizione nei termini fondativi dei pentastellati con l’uno vale uno e con il coinvolgimento orizzontale mai attuati. C’è un monarca e un cerchio magico che decidono vita e morte.
La cacciata di Gianluigi Paragone mostra con drammaticità la fragilità di un’organizzazione politica che tra il dire e il fare ha dilapidato il 33 per cento dei consesni raccolti. Ormai i grillini nel mondo reale hanno disperso un enoeme patrimonio e smarrito la carica rivoluzionaria che li accompagnava.
C’è un problema serio di governace e di leadership che potrebbe avere effetti drammatici sullo stesso governo guidato da Giuseppe Conte. L’impressione è che Luigi Di Maio non riesca più a reggere la baracca.
Al Senato tra l’altro il numero di parlamentari grillini si assotiglia sempre di più. Ormai sono molti i senatori – tra espulsi, transughi e ribelli – ad aver girato le spalle al capo.
Inquietudini che agitano anche il Partito Democratico che con il segretario Nicola Zingaretti cerca rassicurazioni dall’alleato ma per ora i segnali sono negativi e confusionari.