Questo è un paese strano. I fatti, le parole, le politiche, le iniquità, gli estremismi, i razzismi scorrono come flatulenze delle nostre colline lungo i fiumi di questa nazione contaminati da tutto questo letame.
Acque putride che di recente straripano sempre più quotidianamente su paesini, città, capoluoghi, persino nel web italiano.
Essere arrivati a tanto livore è una presa di coscienza che dovremmo ammettere senza vittimismo ma con l’umiltà necessaria per guarire dal morbo dell’indifferenza.
L’Italia è comatosa con il suo qualunquismo violento, con le cattiverie, con l’analfabetismo funzionale, con la rabbia fomentata dall’ignoranza, con l’esasperazione dei sottomessi e l’infamia dei prevaricatori che pagano troppo raramente le proprie colpe.
E quindi? E poi? Poi sprazzi di ossigeno per ripristinare vitalità; poi il dna di questo paese erompe prepotentemente con l’eccellenza genetica e primordiale della sua cultura manifestandosi in donne e uomini speciali.
Come Ilaria Cucchi, spina dorsale rigida e tricolore, capace di arginare il fetore delle banalità e mostrarci con fierezza e caparbietà quanto un italiano possa essere capace, senza fauci, di gridare “giustizia” negli occhi dei feroci.
Un carabiniere poi che bacia la sua mano, suggella con la poesia di cui è maestra questa nazione, tutta la classe, l’eleganza, la dignità e la rispettabilità dei grandi uomini. I grandi italiani.
Abbiamo bisogno di questi baciamano. Con questa grazia possiamo chiedere scusa alla nostra storia ricollocando a capo di ogni ragionamento i retti, restituendo ai fiumi la trasparenza cristallina e dissetante della nostra cultura.
Amedeo Zeni