Il vignettista Vauro ha riflettuto sul suo moto di stizza nel corso della trasmissione ‘Diritto e Rovescio’ di Paolo Del Debbio quando a muso duro ha affrontato l’arcigno ‘Brasile’ che aveva aggredito verbalmente e minacciato una giornalista in studio.
Pur senza rinnegare quel “fascio di merda” gridato in faccia all’energumeno, gli ha indirizzato una lettera per capire, per confrontarsi per chiedergli di incontrarlo lontano dalle telecamere e ascoltarlo.
Un gesto che molti hanno visto come un passo indietro di Vauro ma forse in tempi di odio, rancore e violenza sembra invece un messaggio importante.
“Non ti chiamo Brasile ma Massimiliano che è il tuo nome. Ti scrivo perché ci siamo trovati muso a muso con rabbia e con furore. Svastiche, effigi di Mussolini… tutto quello che ti sei tatuato sul corpo rappresenta per me (e non solo per me) orrore, schifo, disprezzo” – scrive Vauro nella sua lettera -.
“Con tanta rabbia, certo, ma ti ho guardato negli occhi e oltre l’odio ho visto solitudine, rancore, disperazione e fragilità, sì proprio fragilità. Ho pensato a chi non sfoggia orridi tatuaggi ma si presenta in giacca e cravatta”.
“Ho pensato a quanto sia comodo per loro che ci siano persone come te, per nasconderci dietro il loro cinismo, per scaricarle quando è opportuno e gridare al ‘pazzo fanatico’ e coprire così le loro responsabilità”.
“Sei un ‘nemico’ ma un nemico facile ‘grosso, brutto e cattivo’. Sei lo spauracchio dei mostri veri, quelli che ti usano”.
“Allora ti dico vediamoci. Potrai spaccarmi la faccia, la tua stazza te lo permette. O potremo parlare cenando assieme, così poi puzzeremo di vino tutti e due”.
E poi conclude la missiva con l’invito : “Questa lettera è pubblica come lo è stato il nostro scontro. Ma il nostro incontro, se vorrai, sarà privato, senza telecamere né conduttori, io e te. Non è una sfida, è un invito”.