“Venti anni di lavoro di scavo archeologico ed ogni anno emergono nuovi tesori”. Così l’archeologo Federico Marazzi, racconta le ultime scoperte del cantiere di scavo sul sito di San Vincenzo al Volturno, nell’antica abbazia benedettina (la prima edificazione risale al 703), che rappresenta uno straordinario tesoro storico-artistico della provincia di Isernia.
Gioiello dell’architettura e dell’arte altomedievale (di pregevole fattura gli affreschi ritrovati al suo interno), l’abbazia testimonia la ricchezza dei territori cosiddetti ‘di confine’, che conobbero una fiorente attività culturale negli intermundia temporali tra le conquiste longobarde e franche in Italia.
Nell’area del monastero si è conclusa la campagna di scavo del 2019 condotta dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, con il sostegno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed in collaborazione con la Soprintendenza ABAP ed il Polo Museale del Molise.
L’indagine effettuata, realizzata anche con tecnologie avanzate (in particolare le immagini scattate da drone equipaggiato con fotocamera a infrarossi e termica, fornito dall’IMAA-CNR di Tito-PZ), ha permesso di accertare l’estensione verso Sud del complesso archeologico: non soltanto un monastero, ma un vero e proprio quartiere produttivo, dove erano conservati forni per vetri, laterizi e metalli, andava ben oltre il perimetro del chiostro centrale.
Si è capito che, nel corso della ricostruzione avvenuta tra la fine del X secolo e la prima metà del successivo, davanti ed ai piedi della Basilica Maggiore, fu costruito un quadriportico, con funzioni di diaframma fra l’esterno e l’interno dello spazio monastico (forse si tratta di quello che il Chronicon Vulturnense chiama ‘chiostro esterno’, attribuito all’azione degli abati Ilario e Giovanni V).
“Da oltre un ventennio, diverse generazioni di studenti dell’Università Suor Orsola Benincasa si sono formate professionalmente e scientificamente su questo cantiere – evidenzia Federico Marazzi, responsabile scientifico del progetto di scavo e docente di Archeologia medievale e cristiana all’Università Suor Orsola Benincasa – in alcuni casi raggiungendo poi esiti assai lusinghieri nelle loro successive carriere”.
“Questo è accaduto perché San Vincenzo è una palestra di qualità impareggiabile per comprendere – conclusione – come inquadrare ed affrontare le indagini di un sito archeologico complesso, che arricchisce il quadro di approfondimento sulla civiltà dell’Alto Medioevo”.