La “Giamaica d’Italia” è ormai una potenza economica. Non ha nulla da invidiare ai cartelli dei narcos messicani oppure colombiani. Nonostante blitz, sequestri, arresti, l’area dei Monti Lattari è sempre più il ‘granaio’ del narcotraffico dell’Occidente.
Una produzione su scala internazionale. Il microclima favorisce la crescita di piantagioni di cannabis, marijuana e canapa indiana. La qualità è ottima, c’è un significativo abbattimento dei costi e una diminuzione del prezzo finale con la conquista di ampie fette di mercato.
Il triangolo Gragnano-Lettere-Casola rappresenta una filiera economica organizzata su base familiare con serre, capannoni, casolari e tutta l’attrezzatura per l’essiccazione delle essenze compresi gli innaffiatori.
Le famiglie che hanno costruito questo grande business si sono evolute trasformando e diversificando le attività e riciclando gli investimenti in holding internazionale.
Interessi a tante cifre della serie: soldi, soldi, soldi. A volte ci può scappare il morto. Come è accaduto ieri sera a Casola.
Nel mirino dei killer è finito Antonino Di Lorenzo, 53 anni, pregiudicato e noto con il soprannome ”O lignammone‘.
L’uomo era ritenuto dall’Antimafia l’attuale boss delle piantagioni di canapa indiana. La vittima aveva diversi precedenti ed era considerato dagli inquirenti al centro di traffici di droga.
Bisogna comprendere ora il perché di un omicidio così eclatante. Le uniche certezze investigative indicano l’area dei Monti Lattari, l’epicentro e lo snodo di traffici internazionali.
Ci troviamo di fronte a una organizzazione che per modalità e logica criminale imita e si sta strutturando sulla falsa riga dei cartelli dei narcos messicani e colombiani.
Guardando i dati statistici delle forze dell’ordine balza agli occhi come i sequestri di partite di stupefacenti in pochi mesi si siano quintuplicati.
Lo scorso 28 agosto le forze dell’ordine hanno estirpato oltre 1500 piante di cannabis per un valore commerciale di oltre 4 milioni.
I veri protagonisti sono i narcocoltivatori: operano in aree demaniali che ‘liberano’ dai boschi tramite incendi uno o due anni prima.
Poi c’è la filiera che organizza il trasporto verso i laboratori di trattamento finale ed imbustamento. Poi c’è una rete di corrieri che distribuiscono da grossisti la sostanza a una struttura intermedia che rifornirà le piazze di spaccio.
Giulia Rosati