A NATALE, Pasqua e Ferragosto i soldati della camorra sono sguinzagliati per rastrellare l’obolo. Soldi che nei conti del clan servono per pagare gli affiliati, gli avvocati e le famiglie dei detenuti.
La tangente si maschera e la s’impone con la gentilezza e la cordialità Bussano con “educazione” alle porte di bar, negozi, mercerie, farmacie, bed and breakfast, garage e perfino condomini. Si presentano come “bravi ragazzi”. Somigliano ad agenti pubblicitari.
Sotto al braccio il catalogo da mostrare e la mercanzia da offrire. Appaiono come innocui. “E’ una confezione di penne. Nella scatola ne trova 50”. “Sono matite, i pezzi sono 80”. “Sono bloc notes. La confezione è di 40”. “La festa di Natale è brutta senza addobbi. Sono coccarde per la vetrina. Queste sono luci a intermittenza, omologate”.
I prezzi oscillano dalle 50 alle 150 euro. Se la risposta dei non interessati è “no” comincia l’opera di convincimento e il rilancio. “Questo è il catalogo, consulti pure qualcosa lo trova che le può interessare”. Se la risposta è ancora “no”. I “bravi ragazzi” diventano più espliciti: “qualcosa per forza lo dovete comprare, altrimenti ci prendiamo collera”.
Gli uomini del pizzo si travestono. L’obolo natalizio lo si chiede con gentilezza ma con fermezza. Si gioca sul fraintendimento. Difficile incastrarli. Sono camorristi, quelli che bussano. E’ la tassa del silenzio. E’ un balzello. Anche i clan vivono la loro spending review. Occorre evitarle le “scocciature”, pagare e togliersi il pensiero.
La tangente è la rendita dei camorristi; serve a pagare gli affiliati, a mantenere le famiglie dei carcerati e liquidare gli onorari degli avvocati e, al contempo, mantiene viva l’omertà, il clima di paura e soggezione che è clima indispensabile per far respirare i camorristi. Sono tanti e vari i modi per chiedere il pizzo. Il fiore all’occhiello è il racket delle pompe funebri.
Gli infermieri degli ospedali, dietro lauto compenso, avvisano del decesso le “vedette” delle imprese compiacenti per assicurargli i servizi funebri dei pazienti morti. I parenti vengo indirizzati verso determinate ditte pagando, (in)consapevolmente, la tangente con il funerale. Pagano tutti anche i bambini.
Al parco giochi “San Gennaro”, in Piazza Cavour a Napoli, alcuni minorenni già in “contatto” con note famiglie di malavita, chiedevano l’obolo alle mamme per permettergli di usufruire delle giostrine. Nell’area vesuviana, la cosca dei Fabbrocinio si faceva consegnare dai commercianti, a titolo gratuito, tagli di stoffe, obbligando i sarti a confezionare abiti poi da rivendere a prezzi esorbitanti.
Il 4 maggio scorso, Emanuele Libero Schiavone e Ivanhoe Schiavone sono stati arrestati perché a capo del cosiddetto “racket della pubblicità” . Imponevano ai commercianti di Casal di Principe e dei comuni limitrofi, la sottoscrizione di contratti d’acquisto di materiale pubblicitario (calendari, penne, portachiavi e gadget di vario tipo). Emanuele Libero Schiavone, attualmente detenuto, provvedeva lui stesso a consegnare i cataloghi ai commercianti, consapevole del fatto che il suo nome avrebbe fatto più paura e il pagamento sarebbe arrivato senza troppe riserve.
In Campania, ogni anno, sono circa 50 mila le imprese commerciali e turistiche a cui viene chiesto il pizzo, e le tariffe delle tangenti crescono più veloci dell’ inflazione. Pizzo e usura sono due rami ben saldi della Camorra Spa. Non c’è da sorprendersi, quindi, se diminuiscono gli investimenti al Sud, perché qui, più che altrove, è difficile, se non impossibile, costruirsi un’attività senza che la camorra bussi alla porta.
La storia di Nando Joseph Suminththa, un imprenditore che dopo aver denunciato e fatto arrestare boss e estorsori ha subito l’isolamento e il boicottaggio dei suoi negozi ritrovandosi solo e minacciato. Alla fine Nando – alla vigilia del processo – non ha retto e si è suicidato. Qualche giorno dopo i suoi estorsori sono stati condannati a pene tra i 4 e gli 8 anni.
Filomena Indaco